Il tempo sospeso e la morsa dell’incertezza

Il tempo sospeso e la morsa dell’incertezza

Oggi pomeriggio, fuori dall’ospedale, un padre camminava in su e giù per il cortile in attesa che la sua compagna tornasse. Un’attesa lunga, sì, perché non poter sostenere la propria famiglia anche in una semplice visita, dilata il tempo, rendendolo pesante.

Poi lei è arrivata, spingeva la carrozzina con il suo piccolo fagottino all’interno. Un solo secondo, uno solo sguardo che si incrocia e lei scoppia in lacrime.

Lui ricambia quello sguardo cercando di asciugare lacrime e placare paure, ma chiaramente si leggeva nei suoi occhi che se avesse potuto, avrebbe urlato e pianto anche lui.

Mi sono domandata come si può uscire da un ospedale ed essere così tristi mentre si spinge una carrozzina con il proprio neonato. Mi sono domandata come si può far uscire dall’ospedale una donna con le lacrime agli occhi. Perché se si fa un lavoro dove si lavora con le persone, senza dubbio si è preparati per leggere tante cose anche del non detto e soprattutto si è competenti per poter prevenire certe dinamiche. Perciò proprio non mi sono saputa spiegare come sia possibile.

E invece oggi quella ragazza (ma chissà poi quante come lei, ad altre uscite degli ospedali o degli ambulatori), è uscita distrutta.

E’ vero, non posso sapere quale sia il reale motivo, cosa ci fosse dietro a quello sconforto. Ma posso sicuramente dire che quella donna è uscita sola in lacrime, che quell’uomo era fuori ad attenderla impotente e che entrambi non sono sufficientemente stati supportati e “accolti” nella loro difficoltà da personale che dovrebbe essere pronto e attento affinché certe dinamiche non accadano. E sicuramente posso anche dire di aver incontrato molte famiglie, molte persone in questo periodo attraverso il mio lavoro e tutte quante dimostrano chiari segni di difficoltà causati da questo periodo.

Avrei voluto dare una parola a quella coppia.. Avrei voluto aiutarli a sostare e leggere le loro preoccupazioni, aiutarli a darsi spazio. Avrei voluto che si riconoscessero e si sentissero accolti, sostenuti.

Vorrei che ci allontanassimo dall’idea che è per tutti così, siamo in emergenza sanitaria e quindi quasi appare giustificato che si palesino sempre più difficoltà emotive, relazionali e comunicative. Non posso accettare che questa situazione possa scusare la superficialità, la freddezza, il distacco.

In un tempo come questo, tutto è lasciato al caso, nascosto dietro a regole predefinite e rigide, ma che non tengono conto della delicatezza dell’animo umano e della vulnerabilità delle circostanze che si presentano nella quotidianità. In un tempo come questo si diventa genitori senza poter avere una parola, un supporto da parte di chi ha più esperienza. Ci si ritrova da avere una pancia, un corpo cambiato, ad una vita stravolta da un’altra vita, senza neppure accorgersi di come ci siamo arrivati.

Questo tempo lascia tutto sospeso e all’improvviso, si è catapultati in qualcosa di sconosciuto e non ci è concesso un abbraccio, una tempo di ascolto, una carezza.

Questa pandemia ci ha palesato ancor più forte che gli aspetti della cura fisica non possono essere svicolati dalla cura educativa, dallo sguardo globale del soggetto. Tutto deve essere tenuto in considerazione, tutto deve poter avere cure, che siano sanitarie o psicologiche o educative.

Il mio impegno prevede da Marzo la possibilità di contattarmi anche online per poter avere opportunità di confronto, informazioni e occasioni di divulgazione e sensibilizzazione.

Se tu o una persona che conosci avete bisogno di riflettere su determinate dinamiche, scegli i miei contatti e troveremo lo spazio più indicato per il tuo supporto. Grazie alla rete professionale, potremo capire se il tuo percorso di supporto avrà bisogno di essere avvalorato anche da professionisti dell’area medica e psicologica, oltre ai percorsi di natura educativa che potrai affrontare con me.

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